Cambiamento organizzativo: l’importanza del fattore umano

Il cambiamento nelle organizzazioni è sempre più visto come una necessità per la crescita e lo sviluppo delle aziende. In questo contesto, gli agenti del cambiamento svolgono un ruolo cruciale, fungendo da “portatori sani” di innovazione.

Queste figure devono sapersi destreggiare su due fronti: da un lato, affrontando la forte competitività del mercato e anticipando nuove tendenze (Iljins et al., 2015); dall’altro, motivando l’organizzazione a impegnarsi nel cambiamento e a condividerne una visione prospettica (Beer & Walton, 1987).

Spesso, però, la sfida più ardua si presenta all’interno dell’organizzazione: le persone, che compongono l’organizzazione stessa, sono soggette a diverse reazioni di fronte al cambiamento. La loro capacità di adattarsi dipende in gran parte da come percepiscono il cambiamento stesso e dalle motivazioni che li spingono ad accettarlo.

Propensione al cambiamento

Una delle leve fondamentali è l’impegno verso il cambiamento, che può essere inteso come uno stato psicologico che lega l’individuo al processo di cambiamento e alle azioni necessarie per attuarlo. Questo impegno può manifestarsi in tre forme:

  • Affective Commitment to Change. Il desiderio di supportare il cambiamento per coerenza con le proprie credenze e per i benefici percepiti.
  • Normative Commitment to Change. Il senso del dovere di contribuire al cambiamento, indipendentemente dalle proprie preferenze.
  • Continuance Commitment to Change. Il supporto al cambiamento come strategia per evitare i costi derivanti dal suo fallimento (Herscovitch & Meyer, 2002).

La prima tipologia di impegno, quella affettiva, è la più favorevole al cambiamento: chi è coinvolto emotivamente è più incline ad adattarsi in modo attivo e propositivo. Al contrario, il supporto al cambiamento per evitare le conseguenze negative del fallimento rischia di generare adattamenti superficiali, senza un reale impegno verso una trasformazione profonda e duratura e, a lungo termine, disagio e stress (Cunningham, 2006).

Ciascun tipo di impegno sarebbe poi associato al modo in cui l’individuo si percepisce in generale rispetto all’ambiente che lo circonda: impegni di tipo affettivo o normativo riflettono una consapevolezza delle proprie capacità di agire sul mondo esterno in modo efficace, mentre un impegno volto all’evitamento delle conseguenze del fallimento rispecchierebbe la percezione di essere controllati da fattori esterni a sé (Chen & Wang, 2007).

Resistenza disposizionale al cambiamento

Oltre alla motivazione individuale, esistono caratteristiche della personalità che possono determinare un’esplicita resistenza al cambiamento, anche quando i suoi benefici sono evidenti e coerenti con gli interessi personali. Si parla di resistenza disposizionale al cambiamento, che non si manifesta solo a livello comportamentale, ma coinvolge anche dimensioni affettive e cognitive:

  • Routine Seeking. Tendenza a creare e adottare sistematicamente schemi e abitudini consolidate.
  • Emotional Reaction to Imposed Change. Reazione emotiva negativa, come stress o ansia, di fronte a un cambiamento imposto.
  • Short-Term Focus. Difficoltà a percepire i benefici a lungo termine del cambiamento, dovuta a un’attenzione focalizzata sulle difficoltà immediate.
  • Cognitive Rigidity. Difficoltà a rivedere le proprie opinioni o a cambiare punto di vista (Oreg, 2003).

La resistenza al cambiamento può emergere anche a livello collettivo, influenzando la risposta dell’intera organizzazione. Le resistenze disposizionali dei vari attori all’interno dell’organizzazione concorrono, nell’insieme, a modellare le reazioni ai processi di cambiamento, che possono diventare un ostacolo significativo alla trasformazione (Sverdlik & Oreg, 2023).

Gestione della complessità

Avviare un cambiamento in un’organizzazione implica dover affrontare resistenze e risposte difensive, più o meno esplicite. La domanda che spesso ci si pone è: è davvero possibile rendere un’organizzazione adattabile al cambiamento?

La risposta è sì, ma richiede un impegno concreto nella gestione delle dinamiche umane interne. È fondamentale sviluppare una visione integrata del cambiamento, che ponga al centro la cultura organizzativa e le persone, i loro bisogni e valori.

La comunicazione è uno degli strumenti più potenti: canali aperti e trasparenti, sia verticali che orizzontali, sono essenziali per ridurre l’incertezza e gestire le resistenze. Non basta solo comunicare il cambiamento: è fondamentale coinvolgere attivamente i membri dell’organizzazione, farli sentire parte del processo e aiutarli a comprendere la visione che sta dietro al cambiamento stesso.

Inoltre, è fondamentale progettare iniziative su misura per il contesto specifico dell’organizzazione, in grado di affrontare le problematiche legate alla mancanza di conoscenze, motivazione o opportunità. Monitorare l’efficacia di queste iniziative consente di ridurre i rischi di frustrazione, disorientamento e insoddisfazione (Appelbaum et al., 2017; Hagl et al., 2024).

In definitiva, rendere un’organizzazione davvero adattabile al cambiamento è una sfida complessa, ma possibile. La chiave risiede in un approccio che non solo consideri i processi e le strategie, ma metta al centro la comprensione delle dinamiche umane. Solo così sarà possibile gestire efficacemente il cambiamento e favorire un adattamento che coinvolga profondamente tutti i membri dell’organizzazione. In questo processo, la visione integrata di cultura, persone e relazioni è essenziale per una trasformazione sostenibile e duratura. 

Riferimenti

Appelbaum, S. H., Cameron, A., Ensink, F., Hazarika, J., Attir, R., Ezzedine, R., & Shekhar, V. (2017). Factors that impact the success of an organizational change: A case study analysis. Industrial and Commercial Training, 49(5), 213–230. https://doi.org/10.1108/ICT-02-2017-0006

Beer, M., & Walton, A. E. (1987). Organizational change and development. Annual Review of Psychology, 38, 339–367. https://doi.org/10.1146/annurev.ps.38.020187.002011

Chen, J., & Wang, L. (2007). Locus of control and the three components of commitment to change. Personality and Individual Differences, 42(3), 503–512. https://doi.org/10.1016/j.paid.2006.07.025

Cunningham, G. B. (2006). The relationships among commitment to change,coping with change, and turnover intentions. European Journal of Work and Organizational Psychology, 15(1), 29–45. https://doi.org/10.1080/13594320500418766

Hagl, C., Kanitz, R., Gonzalez, K., & Hoegl, M. (2024). Change management interventions: Taking stock and moving forward. Human Resource Management Review, 34(1), 101000. https://doi.org/10.1016/j.hrmr.2023.101000

Herscovitch, L., & Meyer, J. P. (2002). Commitment to organizational change: Extension of a three-component model. Journal of Applied Psychology, 87(3), 474–487. https://doi.org/10.1037/0021-9010.87.3.474

Iljins, J., Skvarciany, V., & Gaile-Sarkane, E. (2015). Impact of Organizational Culture on Organizational Climate During the Process of Change. Procedia – Social and Behavioral Sciences, 213, 944–950. https://doi.org/10.1016/j.sbspro.2015.11.509

Oreg, S. (2003). Resistance to change: Developing an individual differences measure. Journal of Applied Psychology, 88(4), 680–693. https://doi.org/10.1037/0021-9010.88.4.680

Sverdlik, N., & Oreg, S. (2023). Beyond the individual-level conceptualization of dispositional resistance to change: Multilevel effects on the response to organizational change. Journal of Organizational Behavior, 44(7), 1066–1077. https://doi.org/10.1002/job.2678