Pupillometria e eye-tracking: cosa può dirci la dimensione della nostra pupilla sui processi decisionali

Come abbiamo avuto modo di vedere anche in altri articoli come questo, l’ eye-tracker, grazie alle  sue metriche, è uno strumento di grande utilità per le aziende, non solo nelle applicazioni di marketing, ma anche per la valutazione delle professional performance, per il monitoraggio dell’aderenza agli standard di sicurezza e per la riduzione del rischio.

Una delle metriche più peculiari dell’eye-tracker, che merita un approfondimento a sé è la misura della dilatazione e contrazione della pupilla, definita – appunto – pupillometria

Uno dei motivi per cui la pupilla si dilata – com’è ben risaputo – è la variazione della quantità di luce presente nell’ambiente. Più nello specifico, in condizioni di relativa oscurità, la pupilla si dilata. 

Si restringe, ovviamente, in condizioni di maggior luminosità. Ma non sono queste le uniche condizioni in cui il diametro pupillare varia. In questo articolo, tramite alcuni esempi, approfondiremo proprio tutti i fattori che portano a questa variazione di dilatazione della pupilla e andremo a scoprire insieme come la pupillometria può essere applicata per ottenere interessanti spunti di (neuro)marketing.

Cosa influenza la risposta pupillare?

Emozione e arousal a stimoli sensoriali

Tutti gli stimoli connotati emotivamente che hanno la capacità di rendersi interessanti sono in grado di influenzare la nostra risposta pupillare.

Ne troviamo un esempio  nello studio del 2003 dove i ricercatori Partala e Surakka hanno dimostrato che sia stimoli connotati negativamente che stimoli connotati positivamente causano una maggior dilatazione pupillare rispetto a stimoli neutri. Nel corso dell’esperimento i partecipanti ascoltano un totale di 10 suoni positivi (risate di bambini), 10 suoni negativi (pianto di bambini), e 10 suoni emotivamente neutri (sottofondo di rumori da ufficio). 

Prevedibilmente, le risate dei bambini suscitavano emozioni positive, mentre il loro pianto emozioni negative e, in entrambi i casi, il diametro pupillare aumenta rispetto al semplice ascolto di rumori di sottofondo, che non suscitava alcuna forte emozione. Di per sé, questa informazione non è particolarmente sconvolgente, ma non dobbiamo dimenticare che la capacità di un contenuto di generare emozioni – in particolare positive – è una delle determinanti principali della sua memorabilità, degli atteggiamenti positivi dei consumatori verso il contenuto, il prodotto ed il brand promosso (ad esempio, Mai & Scholler, 2009).

Non dimentichiamo, inoltre, che gran parte del successo di una campagna di marketing digitale dipende dalla capacità di generare passaparola positivo (eWOM, es. Liu et al., 2021). Come avrete notato finora, però, è importante ricordare che la dilatazione pupillare è sintomo di un’attivazione fisiologica generata da un’emozione – la dilatazione di per sé non ci dà molte informazioni sulla valenza positiva o negativa dell’emozione alla base di questa attivazione. 

Certamente, di fronte ad uno stimolo connotato negativamente possiamo ipotizzare che la dilatazione sia legata ad una reazione emozione negativa. Il problema con la connotazione a priori degli stimoli, però, è che non tiene in considerazione la possibilità che lo stesso stimolo può avere valenza positiva per un individuo o negativo per un altro. Non sarebbe quindi corretto andare a fare una inferenza diretta tra positività/negatività dello stimolo e positività/negatività della reazione emotiva misurata tramite la dilatazione pupillare. 

Questo problema può ovviamente essere superato integrando la pupillometria con altri strumenti, come l’analisi delle emozioni facciali – ad esempio tramite FaceReader. Altri ricercatori però si sono posti direttamente la domanda: Esistono differenze di dilatazione pupillare tra stimoli positivi e stimoli positivi?  Ho e Lu (2014) hanno trovato  che quando i partecipanti osservano immagini di prodotti connotati negativamente, questi hanno una dilatazione pupillare minore rispetto a quando, invece, vedono dei prodotti connotati positivamente o neutri. 

Come abbiamo visto, i due studi presi in considerazione esaminano due diverse tipologie di stimoli: da un lato degli stimoli uditivi e dall’altro degli stimoli visivi, ottenendo risultati che – seppur non totalmente sovrapponibili – ci confermano che le metriche di  dilatazione pupillare sono informative sia per stimoli visivi che uditivi.

Attenzione e carico cognitivo: l’esempio dei piloti d’aereo

Un altro elemento che può causare la dilatazione pupillare è la quantità di carico cognitivo. Maggiore è il carico cognitivo del compito che stiamo eseguendo (ovvero l’attenzione e lo sforzo mentale richiesto), maggiore è la dilatazione pupillare (Granholm et al., 1996). La durata della  dilatazione pupillare equivale al tempo che dedichiamo all’informazione che stiamo elaborando (Kang et al., 2014). Come visto prima, questa informazione può essere di diversa natura sensoriale.

La letteratura scientifica ci offre un esempio questa volta legato alla professional performance, nello specifico alla valutazione delle attività di alcuni piloti d’aereo (reference dello studio?). Gli autori dello studio hanno utilizzato la misura della dilatazione pupillare per valutare e correlare l’abilità di volo di 40 cadetti e 17 piloti. 

Basandosi quindi sul fatto che ad un elevato carico cognitivo corrisponde una maggior dilatazione pupillare, gli autori ipotizzano che questo potrebbe anche essere indice dell’abilità di volo dei partecipanti considerati. L’elaborazione delle informazioni relative al flusso del traffico aereo, infatti, aumenta notevolmente il carico cognitivo, che a sua volta potrebbe ostacolare l’attenzione e sfociare in prestazioni mediocri, nonché in possibili errori, anche gravi.

Nel corso dell’esperimento, gli autori hanno progettato un compito di simulazione di volo, esaminando se la dilatazione pupillare poteva predire la capacità di volo e il successo dell’addestramento. Per aumentare il carico cognitivo, ai partecipanti veniva richiesto di completare dei classici compiti aggiuntivi di interferenza, come ad esempio memorizzare dei numeri e ripeterli al contrario. Nella condizione di basso carico cognitivo, veniva richiesto di ascoltare semplicemente le stringhe di numeri, senza la necessità di fornire alcuna risposta.

I risultati mostrano che i piloti esperti avevano una dilatazione pupillare minore rispetto ai cadetti, a conferma che gli esperti impiegavano uno sforzo cognitivo minore e avvalorando la bontà della pupillometria per misurare l’expertise e valutare l’apprendimento di un soggetto durante l’esecuzione di un compito, anche se simulato.

Pupillometria e processi di presa  di decisione

La presa di decisione è un altro degli elementi che è in grado di influenzare la dilatazione pupillare. È stato infatti osservato che gli individui hanno solitamente una dilatazione pupillare maggiore dopo aver preso una decisione (anche e soprattutto di natura economica). 

Più nello specifico, la maggior dilatazione e viene osservata in concomitanza con la risposta motoria che è la conseguenza di questa decisione. La ricchezza di questa informazione sta nel fatto che non parliamo di attività motorie estreme, bensì anche, semplicemente, premere un tasto sul computer dopo aver deciso di acquistare un prodotto online (Einhauser et al., 2010). 

In uno studio Fiedler e Glöckner (2012) dimostrano, inoltre, che nel momento in cui erano previsti dei guadagni più elevati (per esempio durante delle lotterie) questo faceva sì che si riscontrassero maggiori cambiamenti nella dilatazione pupillare. Immaginiamo infatti di voler valutare se un cliente sia disposto ad investire in base ai guadagni previsti da uno specifico pacchetto di azioni. 

L’analisi della pupillometria potrebbe aiutarci a comprendere le successive scelte, dato che sappiamo appunto che la dilatazione della pupilla, che riflette sia lo sforzo cognitivo che l’eccitazione, aumenta durante il processo decisionale e aumenta con il valore medio atteso. In un altro studio di Urai et al. (2017) anche maggiori livelli di incertezza decisionale venivano associati a variazioni del diametro pupillare. 

Più nello specifico, viene rilevato che rapidi cambiamenti nello stato di eccitazione legati alla pupilla sono indicatori di uno stato di incertezza nella successiva scelta. Anche in questo caso, potremmo immaginare di valutare in anticipo eventuali stati di incertezza nel momento in cui il cliente sta valutando un investimento.

In ambito di decision-making, quindi, la dimensione della pupilla sembra essere maggiormente influenzata dall’incertezza e dall’entità della ricompensa più che dal carico cognitivo più o meno elevato. 

Conclusioni

Lo studio della dilatazione o contrazione pupillare, ovvero la pupillometria, è particolarmente adatta per comprendere meglio l’elaborazione di alcuni processi che non sono facilmente riconducibili ad un resoconto verbale esplicito da parte degli utenti o degli operatori. 

La pupillometria può anticipare alcuni forti stati emotivi, e questo può tornare molto utile nel momento in cui è necessario valutare ad esempio che emozioni suscita nel consumatore uno specifico prodotto o il livello di expertise di un individuo nel campo della professional performance, ma può anche essere indice di un elevato carico cognitivo, altra informazione estremamente utile sempre nella valutazione delle professional performance all’interno delle organizzazioni. 

Infine, la dimensione della pupilla è indice del progredire dei nostri processi decisionali, con una dilatazione maggiore nel momento in cui sappiamo che potremmo accedere a grandi guadagni ed una variazione invece molto rapida per quanto riguarda stati di incertezza dovuti a scelte complicate o rischiose.

Bibliografia

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Ho, C. H., & Lu, Y. N. (2014). Can pupil size be measured to assess design products?. International Journal of Industrial Ergonomics, 44(3), 436-441.

Wang, J. T. Y. (2011). Pupil dilation and eye tracking. A handbook of process tracing methods for decision research: A critical review and user’s guide, 185-204.

Partala, T., & Surakka, V. (2003). Pupil size variation as an indication of affective processing. International journal of human-computer studies, 59(1-2), 185-198.

Ho, C. H., & Lu, Y. N. (2014). Can pupil size be measured to assess design products?. International Journal of Industrial Ergonomics, 44(3), 436-441.

Granholm, E., Asarnow, R. F., Sarkin, A. J., & Dykes, K. L. (1996). Pupillary responses index cognitive resource limitations. Psychophysiology, 33(4), 457-461.

Zheng, Z., Gao, S., Su, Y., Chen, Y., & Wang, X. (2022). Cognitive load-induced pupil dilation reflects potential flight ability. Current Psychology, 1-11.

de Gee, J. W., Knapen, T., & Donner, T. H. (2014). Decision-related pupil dilation reflects upcoming choice and individual bias. Proceedings of the National Academy of Sciences, 111(5), E618-E625.

Einhauser W, Koch C, Carter OL (2010) Pupil dilation betrays the timing of decisions. Front Hum Neurosci 4:18.

Fiedler, S., & Glöckner, A. (2012). The dynamics of decision making in risky choice: An eye-tracking analysis. Frontiers in psychology, 3, 335.

Urai, A. E., Braun, A., & Donner, T. H. (2017). Pupil-linked arousal is driven by decision uncertainty and alters serial choice bias. Nature communications, 8(1), 14637.

Kang, O. E., Huffer, K. E., & Wheatley, T. P. (2014). Pupil dilation dynamics track attention to high-level information. PloS one, 9(8), e102463.